venerdì 20 aprile 2007
giovedì 19 aprile 2007
A Perth di nuovo
Il giorno dopo sveglia alle 6.30: dobbiamo tornare a Perth perché domani abbiamo un volo per Melbourne alle 9.
Lasciamo Geraldton con 150 dollari in meno: tanto c'è costato comprare una nuova ruota per la macchina.
Rifacciamo la stessa strada dell'andata, ma questa volta non è solitaria, anzi è quasi trafficata.
Lungo la strada 2 carcasse di auto: qui è facile investire canguri, conigli e uccelli. Anzi, per quel che riguarda i canguri ci hanno consigliato di non frenare, di non evitarli, ma di prepararsi all'impatto (ma non ci è piaciuto molto questo consiglio!).
Ci superano i treni della strada, tir che possono raggiungere i 37,50 mt di lunghezza, ma gli autisti sono gentili: a Valeria un paio di loro ha segnalato, con la freccia destra, quando era il momento più adatto per sorpassarli.
Quando arriviamo a Perth, intorno alle 16, ci siamo lasciati alle spalle strade rosse sterrate, dune di sabbia bianca, bush e colline dai profili dolci che mi hanno ricordato la Toscana.
Ci sistemiamo in un albergo vicino all'aeroporto e poi andiamo in città per la cena. Ci colpisce l'interno del ristorante "Nr. 44 King Street" ed entriamo. In origine era un negozio dove si vendeva caffè, ed infatti hanno lasciato un'intera parete ai distributori di diversi tipi di caffè; ci sono diversi tavoli, riviste e quotidiani a disposizione dei clienti, un enorme bancone al centro dove, oltre al bar, sono esposti decine e decine di torte e dolci. Infine, dietro una vetrata, il forno dove si preparano diversi tipi di pane al momento.
Dietro c'è un panettiere che lavora cantando e quando ci vede brindare al viaggio di domani, ci sorride. Il nostro tavolo è proprio davanti alla vetrata: vediamo i diversi forni elettrici da cui sta sfornando il pane, bilance e altri attrezzi.
Scegliamo il pane alle olive nere da intingere nell'olio di oliva per gustarlo meglio: buonissimo.
Provo la Pale Ale della Little Creatures, oramai eletta migliore birra, ma la trovo un po' più fruttata di quelle bevute finora. Gli altri continuano a farsi del male bevendo vino australiano: questa volta scelgono uno Shiraz chiamato "the love grass" ed il nome è già un programma, ma non basta: ha un'etichetta improponibile, sembra disegnata da un bambino ubriaco (!) e, soprattutto, ha il tappo che si svita... come quello delle bottiglie dell'olio, per capirsi!
Il menù ci avvisa che le portate cambiano ogni settimana, e propone una cucina un po' sofistica, con vecchi sapori e nuovi accostamenti. Lo so, sembro un'esperta gastronomica, se non fosse che abbiamo dovuto chiedere al cameriere di ripassare perché non avevamo ben capito cosa si mangiava in questo ristorante.
Miki ha preso un risotto al basilico e con calamari fritti, Vale un piatto con... ma che ve lo dico a fare? Da domani i piatti saranno diversi!
Abbiamo mangiato bene ed i dolci, in bella vista su un enorme bancone, erano strepitosi.
Il cameriere ci chiede se vogliamo un espresso per terminare la cena, ed io gli chiedo se è un VERO espresso; lui mi risponde che sono MOLTO orgogliosi del loro caffè, e Vale gli spiega che sono giorni che non riesco a bere un buon espresso e per questo forse non mi fido del suo giudizio, ma lui insiste ed accetta la sfida: mi porterà l'espresso.
Mentre aspetto il caffè, giro un po' il locale, che è davvero carino: grandi banconi ed una parete dove sono esposte decine di miscele di caffè... forse potrebbero davvero stupirmi!
All'improvviso mi sento toccare ad una spalla: è il barista con in mano la tazzina e mi chiede se sono io quella in attesa dell'espresso; annuisco e lui mi porge il caffè dicendomi che sono in Australia adesso e non in Italia e mentre lo dice mi sorride con una faccia da schiaffi (lo devo dire che anche questo è molto carino? Rasta e con pizzetto, ma carino: che dire? I ristoranti australiani cominciano a diventare interessanti!).
Torno al mio tavolo con in mano la tazzina...fredda, e questo non è un buon indizio, e l'assaggio conferma la prima impressione, ma - vista la descrizione del barista - vado al bancone e gli dico, col mio stentato inglese, che il suo espresso è il migliore del Western Australia (lo so, lo so, mento sapendo di mentire, ma avreste fatto lo stesso al mio posto!). Lui mi sorride di nuovo e mi ringrazia per il feedback, ma sa bene che il caffè non era buono e mi spiega perché: la miscela che ha utilizzato non era tra le migliori, e mentre lo dice prende una manciata di chicchi di caffè per farmi sentire l'aroma... questi baristi australiani, peccato per l'espresso!
Paghiamo (non molto) e torniamo in albergo: domani tocca di nuovo alzarci presto per prendere gli aerei. Durante il tragitto, mentre cerchiamo una stazione che trasmetta della musica non troppo old, ci blocchiamo su una stazione dove parlano italiano: siamo sorpresi, ma lo siamo ancora di più quando passano l'intervista radiofonica ad un mio amico che ha da poco pubblicato un libro in Italia: credo sia questa la globalizzazione!
Provo la Pale Ale della Little Creatures, oramai eletta migliore birra, ma la trovo un po' più fruttata di quelle bevute finora. Gli altri continuano a farsi del male bevendo vino australiano: questa volta scelgono uno Shiraz chiamato "the love grass" ed il nome è già un programma, ma non basta: ha un'etichetta improponibile, sembra disegnata da un bambino ubriaco (!) e, soprattutto, ha il tappo che si svita... come quello delle bottiglie dell'olio, per capirsi!
Miki ha preso un risotto al basilico e con calamari fritti, Vale un piatto con... ma che ve lo dico a fare? Da domani i piatti saranno diversi!
Abbiamo mangiato bene ed i dolci, in bella vista su un enorme bancone, erano strepitosi.
Il cameriere ci chiede se vogliamo un espresso per terminare la cena, ed io gli chiedo se è un VERO espresso; lui mi risponde che sono MOLTO orgogliosi del loro caffè, e Vale gli spiega che sono giorni che non riesco a bere un buon espresso e per questo forse non mi fido del suo giudizio, ma lui insiste ed accetta la sfida: mi porterà l'espresso.
Mentre aspetto il caffè, giro un po' il locale, che è davvero carino: grandi banconi ed una parete dove sono esposte decine di miscele di caffè... forse potrebbero davvero stupirmi!
All'improvviso mi sento toccare ad una spalla: è il barista con in mano la tazzina e mi chiede se sono io quella in attesa dell'espresso; annuisco e lui mi porge il caffè dicendomi che sono in Australia adesso e non in Italia e mentre lo dice mi sorride con una faccia da schiaffi (lo devo dire che anche questo è molto carino? Rasta e con pizzetto, ma carino: che dire? I ristoranti australiani cominciano a diventare interessanti!).
Torno al mio tavolo con in mano la tazzina...fredda, e questo non è un buon indizio, e l'assaggio conferma la prima impressione, ma - vista la descrizione del barista - vado al bancone e gli dico, col mio stentato inglese, che il suo espresso è il migliore del Western Australia (lo so, lo so, mento sapendo di mentire, ma avreste fatto lo stesso al mio posto!). Lui mi sorride di nuovo e mi ringrazia per il feedback, ma sa bene che il caffè non era buono e mi spiega perché: la miscela che ha utilizzato non era tra le migliori, e mentre lo dice prende una manciata di chicchi di caffè per farmi sentire l'aroma... questi baristi australiani, peccato per l'espresso!
Paghiamo (non molto) e torniamo in albergo: domani tocca di nuovo alzarci presto per prendere gli aerei. Durante il tragitto, mentre cerchiamo una stazione che trasmetta della musica non troppo old, ci blocchiamo su una stazione dove parlano italiano: siamo sorpresi, ma lo siamo ancora di più quando passano l'intervista radiofonica ad un mio amico che ha da poco pubblicato un libro in Italia: credo sia questa la globalizzazione!
Iscriviti a:
Post (Atom)